Una nuova manovra?

Il senso di percezione della realtà

Siamo disposti, in un periodo di crisi drammatica come quella che il Paese deve affrontare, alla massima apertura verso le posizioni più svariate per comprendere quali possano essere le preoccupazioni esposte da punti di vista diversi dal nostro. L’unica condizione che ci permettiamo di porre è una qualche percezione della realtà, utile a capire cosa si possa fare. Quando ascoltiamo i principali partiti della maggioranza sostenere, ciascuno con la sua diversità di tono, che voteranno la fiducia al governo purché non si faccia una nuova manovra, temiamo che questa percezione della realtà sia persa - o per lo meno sia piuttosto allentata. Perché il governo Monti non ha un particolare piacere a tartassare il Paese oltre ogni limite: purtroppo il governo Monti risponde alle esigenze che vengono poste all’Italia in frangenti così difficili.
Se le forze politiche che formano oggi la maggioranza si rendessero conto fino in fondo dei guasti strutturali che si trova di fronte l’Italia, e gli impegni che deve rispettare, sarebbero più prudenti in tutte le loro esternazioni.
Intanto il Partito democratico si preoccuperebbe di spiegare al sindacato che l’idea di aprire un fronte di contestazione all’operato del governo non sarà, da settembre in avanti, qualcosa che aiuterà i lavoratori italiani. Abbiamo visto a cosa sia servita la fermezza della posizione della Fiom nella vertenza Fiat: a incoraggiare l’azienda automobilistica a lasciare l’Italia. Con un sindacato che si prepara all’autunno caldo possiamo essere certi che Fiat troverà altri emuli, che già appaiono numerosi.
Il Pdl, da parte sua, si è impegnato invece in una modifica della riforma costituzionale al Senato, che potrebbe anche essere utile nelle intenzioni, ma certo non lo è nel metodo. Ricorda tanto la prova di forza del governo Amato sul Titolo V nel 2001. Non votammo quel disegno di riforma, non abbiamo votato nemmeno quello proposto dal Pdl e dalla Lega: è un disegno che oltretutto ha inasprito ulteriormente i rapporti fra i due principali partiti che sostengono il governo.
Se tutto questo non bastasse, c’è un nuovo fronte giudiziario che si è aperto, molto complesso, tale per cui lo Stato - tra il 1992 ed il 1994 – che ha avuto figure eminenti al suo servizio (citiamo solo Giovanni Conso) si sarebbe impegnato in una trattativa con la Mafia, in maniera tale da preferire il sacrificio dei giudici Borsellino e Falcone che rischiare la vita di parlamentari come Salvo Lima. Oltre a rischiare di essere cacciati dall’Europa, siamo di fronte anche al rischio di essere gettati fuori dai confini della pubblica decenza. Un’Italia fuori dall’Europa e priva di qualsiasi credibilità ed autorevolezza interna sarebbe spacciata.
Fa piacere allora vedere che il presidente di Confindustria, Squinzi, che pure ha avuto toni spesso critici e polemici nei confronti del governo, ricordi come, di fronte ad una situazione tanto difficile, serva la maggior coesione possibile. Lo stesso pensiamo noi: ad ogni livello e, per quel che ci riguarda più da vicino, anche per il nostro stesso partito.

Roma, 26 luglio 2012